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Dietetica,  Medicina

Alimentazione Il piacere del cibo

La vera scienza, in realtà, è forse quella che tende a garantire il nostro equilibrio psicologico, ma anche ad aumentare il nostro benessere e i nostri piaceri traendo il miglior partito dai prodotti della natura… tanto per pensare in termini di materialismo e di epicureismo.

Nel XV I secolo Ambroise Parè definiva la dietetica (la «Dieta») «la seconda parte della medicina, che previene le malattie con un modo sano di vivere». Questa concezione seguiva l’indirizzo e la logica della «diaita» di Ippocrate.
Il piacere di mangiare è la sensazione istantanea e diretta di un bisogno che viene soddisfatto; il piacere della tavola è la sensazione riflessa che nasce dalle circostanze, dai fatti, dalle cose e dalle persone che accompagnano il pasto.

Il pia cere di mangiare l’abbiamo in comune con gli animali: presuppone solo che vi sia la fame e il necessario per soddisfarla. Il piacere della tavola, al contrario, è particolare alla specie umana, necessita di cure preliminari per la preparazione del pasto, per la scelta del luogo e la riunione dei convitati.

Il primo esige, se non la fame, quanto meno l’appetito. Il secondo può farne a meno. Queste due condizioni si possono sempre osservare nei nostri banchetti. Secondo Jean-Didier Vincent, la fame e la sete sono le passioni più elementari: hanno come oggetto il corpo, del quale assicurano il mantenimento.

Il Creatore, obbligando l’uomo a mangiare per vivere, lo invita con l’appetito e lo compensa con il piacere, afferma Brillat-Savarin. Un gesuita non negherebbe che non bisogna né fuggire né seguire le inclinazioni umane volute da Dio. Bisogna accettarle, come insegnava Michel Montaigne.

Una volta garantite le necessità quotidiane, il consumato re rassicurato si preoccupa della qualità della vita. I cibi voluttuosi, con i quali si celebra la convivialità, sono destinati a restare in un certo qual modo il rifugio del sogno nel nostro universo condizionato.

La gastronomia si presenta sempre come la guardiana di tradizioni codificate e ritualizzate; essa non conosce rivoluzioni, ma solo evoluzioni lente e graduali. Per rassicurare i rivoluzionari in erba, ricorderò semplicemente che le tradizioni sono le riforme che hanno avuto successo. Non vi è alcun motivo perché questa tradizione cambi nel prossimo futuro, giacché ostentare competenze di esperto gastronomo è un segno di miglioramento del livello di vita, del rango sociale.

Il commercio e la pubblicità colgono tutte le occasioni per risvegliare i ricordi, i sogni, per non dire i fantasmi di un’età che fu aurea solo per pochi. Soprattutto, in ciascuno si nasconde un gastronomo illuminato e, se i prodotti selezionati o di prestigio vogliono conservare il loro primato, dovranno più che mai mantenere le loro qualità e la loro autenticità.