Valle d’Aosta – Il forte di Bard, distrutto da Napoleone e ricostruito nella prima metà dell’Ottocento, non è mai stato protagonista di eventi bellici, malgrado la propria possanza. Ma oggi ospita uno straordinario Museo delle Alpi
di Renzo Bassi Rivista MERIDIANI
Grandi montagne e castelli medievali. Questa è la Valle d’Aosta. Issogne, Fénis, Verrès, sono mete obbligate per generazioni di studenti, ma il primo, scenografico monumento che la valle ostenta a chi la raggiunge percorrendo la A5 verso Aosta, pochi chilometri dopo l’uscita di Pont-Saint-Martin, è l’ottocentesca fortezza di Bard.
Un complesso militare costruito sui fianchi e sulla sommità di un baluardo roccioso modellato dall’erosione glaciale, e incastonato tra pareti verticali sotto le quali, da una parte, scorre la Dora Baltea e dall’altra transita l’antica via consolare delle Gallie. Una specie di austera Mont Saint-Michel in pietra grigia circondata non dal mare ma da superbe montagne.
La struttura del forte venne disegnata dall’architetto militare Francesco Antonio Olivero, al quale Carlo Felice di Savoia aveva affidato i lavori di ricostruzione della precedente fortezza distrutta nel giugno del 1800 da Napoleone. Lavori che si protrassero dal 1830 al 1838: dalla base del promontorio roccioso rivolta a sud, disposti a diversi livelli compresi tra i 400 e i 467 metri, sorgono i vari “corpi di fabbrica” della fortezza, collegati da ripidi camminamenti coperti per consentire lo spostamento dei soldati, ma oggi sostituiti da ascensori panoramici.
Dal basso, costruite su due livelli e ideate a forma di tenaglia, troviamo l’Opera Ferdinando e l’Opera Mortai, cioè i magazzini dei viveri e delle munizioni.
Più in alto, a metà pendio, l’Opera Vittorio e infine, sulla sommità, la più imponente delle Opere formata da una cinta muraria su cui poggiano tutti i fabbricati, con l’Opera di Gola affacciata su uno spiazzo a difesa del lato sud e l’Opera Carlo Alberto con il grande cortile quadrangolare della piazza d’Armi circondato da un ampio porticato sotto il quale c’erano le prigioni. Le 283 stanze del forte, oggi occupate da musei e da spazi espositivi per mostre temporanee, potevano ospitare 416 soldati.
Era un geniale sistema di strutture autonome, che consentiva una reciproca difesa in caso d’attacco, ma per un gioco del destino, conclusi i lavori, il forte di Bard non sarebbe stato mai più protagonista di battaglie diventando, come nel Deserto dei tartari di Dino Buzzati, una sorta di Fortezza Bastiani dove invano si attende un nemico che non arriverà mai.
Adibito per qualche tempo a magazzino, negli anni Ottanta il forte è ormai abbandonato. Poi nella metà degli anni Novanta le prime impalcature lasciano intendere che qualcosa sta cambiando. Cosa? Nel 1990 l’intero complesso è stato acquisito dalla Regione Valle d’Aosta che avvia i lavori di recupero della fortezza e di alcuni edifici storici del borgo di Bard. Che cosa fare a questo punto del forte? In quegli anni sta cambiando anche la situazione economica della bassa Valle, dove non sono mai esistiti impianti o piste da sci e l’80 per cento della popolazione è sempre vissuto grazie all’industria siderurgica.
La crisi di questo settore obbliga a fare nuove scelte e, attingendo a fondi europei, statali e regionali per il recupero di ex aree industriali, si sceglie di aprire al turismo culturale, e Bard ne diventa il fulcro e il motore. Nel 2003 la Regione indice un bando internazionale per trasformare l’intero complesso di Bard in un polo museale dedicato alle Alpi. Così nel gennaio 2006, in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino, si inaugura il Museo delle Alpi, prima istallazione del progetto non ancora completato.
Al primo piano dell’Opera Carlo Alberto, 29 sale introducono il visitatore al mondo della montagna. «L’idea base è stata quella di raccontare le Alpi senza pretendere che i visitatori sappiano già tutto», spiega Enrico Camanni, storico dell’alpinismo e capofila del Gruppo Dedalo che, con gli architetti Luisella Italia e Massimo Venegoni, ha curato la parte scientifica e storica degli allestimenti di Bard.
«Inoltre non volevamo dar vita a un museo statico, tradizionale, dove sono esposti oggetti, ma coinvolgere i visitatori partendo sempre da un’emozione. Per questo un insieme di video, filmati, suoni, odori, pannelli da toccare e con i quali interagire, rappresenta l’ideale per stimolare tutti i sensi».
Nelle sale non ci sono didascalie scritte ma monitor attraverso i quali gli esperti tengono una breve lezione su ciascun tema: per la meteorologia c’è Luca Mercalli, per la paleontologia e geologia Michele Lanzinger, direttore del Museo tridentino di Scienze Naturali, per l’antropologia il professor Francesco Fedele.
Le emozioni non mancano davvero: in una sala si cammina su colate di lava e magma per ricordare la genesi delle montagne dal fuoco, mentre in un’altra si attraversa il mare della Tetide camminando sull’acqua (una ripresa aerea del mare di Alghero) per poi ammirare le pareti dolomitiche ricche di fossili e tracce di dinosauri. Si passa quindi alla sezione dedicata alla colonizzazione della montagna, iniziata diecimila anni fa partendo da un villaggio preistorico, per arrivare a un maso del Settecento, acquistato e smontato in Val di Fassa, in Trentino, e rimontato qui.
Nel 2009 il polo museale di Bard si amplia con le Alpi dei ragazzi, istallazione ospitata nell’Opera Vittorio: qui trionfano interattività e multimedialità in un gioco che propone la salita virtuale al monte Bianco. I giovani alpinisti (ma possono cimentarsi anche gli adulti) imparano a studiare l’itinerario, legarsi in cordata, scegliere il materiale adatto spostando gli oggetti con un touchscreen per riempire uno zaino virtuale, superare un ghiacciaio senza cadere in un crepaccio o camminare su una piccola cresta spazzata dal vento.
Entro la fine del 2011, poi, nelle prigioni dell’Opera Carlo Alberto verrà aperto uno spazio dedicato alla storia del forte, completato da un percorso esterno che evidenzierà le emergenze paesaggistiche e naturali della zona. Ultimo tassello, che verrà completato nei prossimi anni, l’allestimento nelle strutture inferiori del forte di un Museo delle Frontiere, dall’epoca romana agli accordi di Schengen, che hanno sancito la libera circolazione tra gli Stati dell’Unione Europea.
Ma proprio qui non si fece mai la guerra? In effetti, l’unico evento bellico che ha coinvolto il forte di Bard quando ancora aveva l’aspetto di un castello medievale accadde nell’anno 1800. Il 14 maggio Napoleone Bonaparte, alla testa di 40mila uomini dell’Armée de réserve, dopo aver valicato il Gran San Bernardo, stava marciando a tappe forzate per raggiungere la pianura Padana occupata dall’esercito austro-piemontese.
A Bard i francesi vennero bloccati dai 400 uomini della guarnigione austriaca. La notte stessa, stendendo paglia sul selciato della via romana e coprendo di stracci le ruote dei cannoni e dei carri, alcune unità napoleoniche riuscirono a occupare il borgo ma la fortezza non si arrese.
Per aggirare l’ostacolo l’esercito di Napoleone dovette affrontare una lunga deviazione, superando valichi impervi e smontando e rimontando i cannoni e i carri. Solo il primo giugno il forte assediato capitolò, e agli assediati venne concesso l’onore delle armi, anche se, indispettito per la perdita di tempo, Napoleone ordinò la distruzione del “vilain castel de Bard”. Il resto l’abbiamo già raccontato.
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